CERIMONIA DELLA LUCE 07 APRILE 2024

 

 

Incontrarsi per una meditazione è sempre un evento energetico molto potente e importante, soprattutto se i partecipanti, se i meditanti, sono consapevoli dei campi di energia che ognuno di essi muove in rapporto alla volontà, alla connessione tra cuore e mente.
Una meditazione nella giornata, spiritualmente molto importante della Pasqua, che costituisce uno degli tre più importanti eventi spirituali dell’anno e in concomitanza del tempo, del momento che tutti sul piano del pianeta stiamo vivendo è un evento, davvero, di grande opportunità per potersi fermare a riflettere consapevolmente, per poter raccogliere tra le pieghe del disagio, del disappunto, tutto ciò che di buono, di positivo in questo momento possiamo trovare; e lo possiamo trovare solo se lo cerchiamo, se andiamo nella profondità delle nostre pieghe dell’anima.
Ho dato un titolo a questa meditazione della luce che ha questa concomitanza straordinaria con la Pasqua, con la resurrezione.
Resurrezione che è una rinascita.
Il Cristo ha rappresentato la testimonianza di come nulla, nulla è fermo, bloccato, definitivo, neppure la morte.
Noi leggiamo l’evento della morte al di qua dell’esistenza, la leggiamo sul piano della materia, la percepiamo come la fine di un rapporto, di una vita, di un evento. In effetti essa per gli esseri umani rappresenta un momento di grande sofferenza ecco perché la Pasqua e soprattutto la resurrezione del Cristos interiore che deve andare oltre l’immagine iconografica del Cristo che hanno rimandato nei secoli. Si parla della resurrezione del Cristos interiore, di quella parte spirituale che non conosce né nascite né morti, né tempo né spazio.
Questo è quando noi parliamo della morte mistica; la morte mistica che non è rappresentata dalla morte dell’anima, ma rappresenta tutto ciò che di illusorio, di costruito, di forme pensiero ereditate sul divino noi lasciamo epurare, lasciamo che muoiano certe immagini, certe forme pensiero che hanno costituito una trappola, un blocco, una gabbia all’interno della quale la vera entità spiritale collegata direttamente al divino noi abbiamo imprigionato, l’abbiamo ereditata già imprigionata ecco perché la nostra anima fa tanta fatica a svestirsi, a ripulirsi, a morire in ogni forma immaginaria, ad ogni favola a ogni racconto che ci hanno passato come verità.
Il concetto di verità, all’interno di ognuno di noi è ancora molto lontano poiché le nostre esistenze, le nostre forme mentali sono alienate nel bisogno e non parlo solo di bisogni materiali, parlo di bisogni più sottili come il bisogno di essere amati, il bisogno di amare, il bisogno di avere le cose che piacciono, il bisogno di esaudire i bisogni, i desideri, ma vedete che questo elenco non appartiene allo spirito, appartiene alla nostra anima umana ed è questa anima umana che traduce il concetto di spirituale e di questa anima umana che fa fatica a lasciarsi morire agli stereotipi poiché occorre una grande, grande, profonda volontà; la volontà di scalare la grande montagna che ci portiamo, come umanità, dell’ignoranza e superare la paura di scavare profondamente all’interno di essa.
La morte mistica permetterà nel tempo a poter vivere coscientemente quello che gli induisti chiamano lo stato di Sammadi e che è riconosciuto in tutte le forme spirituali; noi la chiamiamo estasi, un momento di grande fusione che ti da la visione del tutto, del cosmo, dell’universo in una frazione di secondo. La visione della luce, la visione dell’origine del nostro spirito, la connessione profonda con il Padre, con il Creatore.
Quando il Cristo viene posto come uomo cosciente e consapevole della sua divinità, anche in quel momento, pur conoscendone la profondità, l’immensità della sua essenza divina, anche in quel momento la paura, la solitudine, il disamore lo raggiunge, il disamore da parte dell’umanità lo raggiunge e chiede che quel calice non venga bevuto e poi c’è l’abbandono; ritorna alla connessione e gli uomini e la loro ignoranza, nella loro fitta e densa paura, cosa uccidono solo un abito, solo un corpo sul quale sono state inflitte sofferenze. Noi dobbiamo leggerle come quelle che viviamo tutti i giorni sul nostro corpo fisico perché siamo noi stessi, la stessa umanità che infligge sofferenze, noi ne siamo parte, le subiamo e le rechiamo, ma quando la consapevolezza che è importante che non si può raggiungere la conoscenza se non attraverso il dono della sofferenza allora ecco che essa assume un’altra vibrazione, diventa al fatica per scalare la montagna, diventa l’impegno per scavare dentro di noi e allora piano piano, con la nostra volontà ci trasportiamo verso la morte mistica e cancelliamo l’immagine di un divino fuori di noi, di un divino che premia, di un divino che punisce e prendiamo consapevolezza che della nostra esistenza siamo gli unici responsabili. In quel momento la nostra divinità respira, emerge e raggiunge le profondità infinite, le altezze più elevate. Sarà questo il processo, il percorso che vita dopo vita, esperienza dopo esperienza e soprattutto consapevolezza nelle scelte, noi raggiungeremo e risorgeranno nella loro purezza tutti i nostri corpi sottili, non sul piano fisico ma saranno depurati da tutte le scorie che la nostra mente che le nostre paure, bisogni, attaccamenti hanno prodotto dentro di noi.
Abbiamo un’anima inquinata, abbiamo una mente inquinata. Dov’è la purezza. Dobbiamo raggiungere la sorgente e così il corpo nella sua densità viene sepolto da noi stessi ed in questo processo di deposizione ci prepariamo a pulire, depurare il nostro corpo eterico, il nostro corpo emozionale, il nostro corpo mentale.
Simbolicamente rappresentano i tre giorni che il Cristo ha usato per poter emergere completamente luminoso superando la densità della materia. Questo è il processo che noi, grazie alla testimonianza del Cristo potremmo incominciare a mettere in atto durante le nostre esistenze. Usare il nostro corpo fisico come un tempio, curarlo, pulirlo, nutrirlo di acqua e cibo naturali, puliti, semplici per far si che all’0interno di esso le nostre emozioni possano muoversi ed esprimersi condotti dalla nostra volontà, dal nostro pensiero verso una pulizia profonda, una morte di tutto ciò che non ci serve poiché tutto ciò che non ci serve, ma che desideriamo è la causa della nostra sofferenza.
Resurrezione, Rinascita, Morte mistica, un processo lento poiché ha bisogno di grande consapevolezza.
Solo la forza della volontà ci può dare gli strumenti per superare tutti gli ostacoli umani che si pongono dinnanzi ad ognuno di noi quando decidiamo di raggiungere la nostra essenza spirituale.
Morire nei bisogni, negli attaccamenti, rinascere nella condivisione, in una comunicazione di cuore connessa con una pulizia mentale; abbandonare la critica l’insofferenza, la rabbia; vivere le difficoltà nelle quali carmicamente ci siamo messi per poterne usare, in maniera positiva, tutto ciò che tali eventi ci offrono.
È vero che occorrono buoni occhi sottili, buone orecchie per poter cogliere il significato da trasformare, per poter poi poter usare tali strumenti evolutivi della nostra prossima incarnazione, nella nostra prossima rinascita. Se questi corpi densi vengono ripuliti, la nostra rinascita sarà davvero una resurrezione che ci porterà ad evolverci con una velocità incredibile, straordinaria, ma dobbiamo impegnarci, dobbiamo non permettere alla pigrizia della nostra mente di alienarci nella continua ricerca dell’appagamento dei bisogni.
Sia una buona lezione il Karma Yoga, trasformare tutto ciò con il quale entriamo in contatto, in un’azione di pulizia, di rinnovamento, ma soprattutto di grande alleggerimento.
La vita, molto spesso è un fardello molto pesante e facciamo gran fatica a pensare che siamo stati noi stessi, attraverso le nostre scelte, attraverso le nostre azioni a costruirci un contesto così impegnativo, doloroso, illusorio perché si presenta in modo intrigante, intrigante nel modo con cui ci vengono proposti i bisogni, come ci vengono proposte le forme mentali, spirituali o religiose; gira tutto intorno alla paura eppure la ricerca più importante, più potente che dal primo vagito fino all’ultimo respiro noi perseguiamo è quello dell’amore, quello di essere amati, dell’abbraccio, quello di amare e di essere appagati all’interno di questa emozione, di questo sentimento.
Soffriamo perché questo concetto dell’amore che è così radicato e profondo dentro di noi è rivolto ad un amore prettamente umano. Guardate come l’umanità sta andando in tilt, sta perdendo l’auto connessione perché non possiamo vederci fisicamente e questo è un grande, grande, grandissimo banco di prova. Laddove noi affermiamo di credere nel Divino anche se non lo vediamo, c’è una percezione o un bisogno o una volontà di voler credere fortemente che non siamo solo questo e poi non riusciamo a collegarci con la stessa intensità o con la stessa volontà alle persone fisiche che amiamo ma che in questo momento ci è impossibile, ci è quasi vietato raggiungere, toccare, stringere. Ci arrabbiamo. Forse non averle vicine diminuisce o sminuisce la nostra forza nell’amarle. Se sta accadendo tutto ciò è una prova che mette in grande difficoltà la nostra umanità che in questo caso specifico dovrebbe essere sorretta dalla certezza che tutti siamo collegati, che tutti siamo uniti su un piano molto più sottile, ma dovremmo vivere o aver sviluppato la capacità di vivere questo piano sottile in modo intenso tanto quanto quello umano.
Vedete, dunque quanto poco spessore ha la percezione divina dentro di noi e quanto potere, quanto è densa, enorme la percezione della nostra umanità. Per quanto possa sembrare inverosimile o non accettabile, il percorso della nostra vita umana c’è dato per ripulirci proprio della nostra umanità e noi, invece, ci attacchiamo ad essa, la usiamo persino come alibi quando la nostra volontà vacilla; è fragile. Ci diciamo che infondo siamo umani; e come dire in fondo sono ignorante e allora quest’ignoranza scusa ogni evento. Quest’ignoranza che è la causa della nostra sofferenza è l’oggetto dei nostri desideri. Quanta fatica, quante emozioni. Pensate un po’, dal momento in cui arriviamo sino al momento in cui lasciamo questa dimensione, quanti eventi, quanti disappunti, quante sofferenze, quante ristrettezze emozionali, quanta violenza subiamo o facciamo subire, quanto ci lamentiamo, quanto imprechiamo e se questo percorso fosse così duro perché mai aver paura di lasciare questo percorso? Ognuno di noi, quando è in uno stato di sofferenza attiva ogni risorsa per poterne uscire, per poter ritrovare il proprio equilibrio eppure quando è il momento di lasciare la dimensione umana c’è una grande sofferenza, un grande dolore per chi va e per chi resta.
L’umanità nella quale siamo fortemente impregnati nel corpo, nelle emozioni, nel mentale è il più grande ostacolo; quella parte che costituisce il potere e la difficoltà della morte mistica.
Abbiamo chiaro il concetto di resurrezione, ma lo viviamo come un miracolo da identificare con l a figura del Cristo l’unico figlio di Dio. Se fosse stato importante dimostrare agli uomini che possono morire e rinascere, possono morire e ritornare dopo tre giorni in vita perché mai avrebbe dovuto attendere così tanto? Avrebbe avuto così tanti fans, tanto seguito se ogni giorno avesse permesso a qualcuno di ucciderlo e il giorno dopo resuscitare. Egli fa un percorso di insegnamento, ci dice come e attraverso quali eventi, quali scelte possiamo raggiungere il superamento della nostra umanità; l’ha vissuta tale e quale a noi è arrivato attraverso gli stessi canali, attraverso gli stessi elementi biologici di cui è fatto ognuno di noi e solo attraverso la morte mistica, quando raggiunge l’estasi nel Getsemani, solo allora muore Gesù ed emerge il Cristo, ma non si presenta nella forma sfavillante, luminosissima alla gente, alla massa; rientra nella sua umanità. Affronta tutto quello che è il percorso delle vite umane.
Emerge nel momento del dolore la sua umanità quando chiede, come vi ho già detto, che il suo calice non venga bevuto: “passi da me questo calice”.
Poi emerge il Divino e dice al suo divino interiore: “è questa la tua volontà, è questa la volontà che dev’essere compiuta”. Viene deposto, ma viene deposto il suo corpo, la sua essenza cristica non ha bisogno dell’oscurità della tomba. È sempre tutto un atto di grande dimostrazione di tutto ciò che siamo quando abbandoniamo o quando permettiamo anche agli altri di aiutare a morire nella nostra umanità. Spesso la violenza che subiamo, per quanto possa sembrare assurdo, avvolte è l’aiuto che ci arriva in modo forte, violento, ma è quella spinta che molto spesso occorre per rinascere, per ritrovare la purezza, la purezza di pensieri, di azioni. Non parliamo di una morte fisica, parliamo di una consapevolezza di lasciare andare, di ripulirsi di tutti gli stereotipi pseudo spirituali, esoterici e lasciare emergere dall’oscurità la bellezza della nostra essenza. Realizziamolo nella vita quotidiana. Siamo emanazione. Dobbiamo, però, emanare consapevolmente la nostra luce, ma per emanarla dobbiamo farla emergere, deve riemergere. Tutti i giorni sviluppiamo la compassione, l’accoglienza, la disponibilità. Un sorriso molte volte cura più di ogni parola, un abbraccio, l’accogliere ciò che ci hanno insegnato che è diverso, liberiamoci da questi insegnamenti che gli altri possano appropriarsi delle nostre cose. Il processo a cui giunse San Francesco, che era ricco, benestante fu quello di comprendere che la fatica della conservazione delle cose o delle persone è veramente molto faticose, molto impegnativo. Ci ruba tutta la nostra esistenza, tutto il nostro tempo, ma di tutta questa fatica non ci portiamo proprio nulla se non tutto quello che si è mosso all’interno di noi nella direzione del male o del non bene, dell’altruismo o dell’egoismo, dell’odio o della compassione. Anche la sua vita è stata successivamente un simbolo, non ci viene chiesto di morire di fame, non ci viene chiesto di percorrere la nostra esistenza nudi, coperti di cenere come facevano i Sadu, i mistici di altri tempi; non ci viene chiesto di mettere il cilicio, di batterci perché desideriamo perché il nostro corpo ci chiede, rispondiamo ad esso con armonia, usando l’equilibrio, il buon senso, l’amore verso sé stessi che includa sempre, sempre l’amore verso gli altri, verso la natura, gli animali.
Abbiamo raggiunto dei picchi di violenza incredibili, violenza senza senso verso la natura, verso gli animali, verso sé stessi e i propri simili. E allora dobbiamo dare davvero un senso straordinario a questa nuova Pasqua, a questa nuova festa spirituale perché all’interno, nel nostro profondo, nelle nostre profondità dell’anima, liberamente e consapevolmente scegliamo di mutare atteggiamenti, di guardare l’esistenza attraverso la purezza dell’amore. Ripulirci da simboli religiosi inutili. L’amore non ha bisogno di nessuna forma e di nessun intermediario, la luce penetra, assorbe e trasforma ogni densità; non c’è bisogno di niente e di nessuno è un rapporto intimo una percezione di calore del cuore.
Decidete ogni giorno di mutare qualche atteggiamento e quando qualche disappunto vi raggiunge, usatelo non per rimandarlo. Se una critica vi raggiunge non rispondete con la stessa moneta. In questo modo non alimenterete nessuna forma mentale, non nutrirete alcun elementale che possa nuocervi e nuocere. Non vi viene chiesto di capovolgere la vostra esistenza, tutto ciò che avete raggiunto, tutto ciò che raggiungerete è tutto vostro merito, ma usatelo in modo diverso, non vivete per conservare quel che avete, ma viviamo per farlo crescere, per trasformarlo, per arricchirci di esperienze, di condivisione. È un impegno molto profondo, molto intimo poiché alcuni atteggiamenti sono così fortemente segnati dentro di noi che essi emergono in automatico, ma non ha importanza, l’importante è accorgersene ogni volta accorgersene e ogni volta cercare di mutare l’effetto delle nostre azioni, l’effetto dei nostri pensieri.
Solo così, piano piano con consapevolezza usciremo fuori da questa ruota di reincarnazioni; morire misticamente e rinascere, risorgere. Parliamo di risorgere perché noi veniamo dalla sorgente e risorgere vuol dire ritornare alla sorgente.
È un processo meraviglioso. Da un senso a tutto, al dolore alla rinascita, alla morte, alla malattia alle difficoltà; ogni volta che ne attraversiamo una che ne comprendiamo il significato, ci avviciniamo alla sorgente.
Questo è il messaggio che ci arriva, un messaggio di grande sostegno, ma che ci mette anche davanti a importanti scelte perché dobbiamo usare la nostra umanità, non dev’essere lei ad usare noi. Dobbiamo essere creatori capaci di capire che questo lungo viaggio fatto di nascite, di morti, di morti e di rinascite possiamo, con la nostra attenzione, con il nostro impegno possiamo esaurirlo per poter vivere esperienze di grande estasi, di grande luce. Incominciamo dalle nostre piccole cose. Incominciamo dai rapporti con le persone che ci sono più vicine e poi espandiamoci, trattiamo gli altri come vorremmo che gli altri ci trattassero e se gli altri non lo fanno, per la vostra anima non ha alcuna importanza e resta il merito di aver superato la paura di non essere accolti, di non essere amati. L’atto dell’amare disinteressato è l’atto più elevato; è l’espressione della nostra divinità.
Siate sereni in questa giornata e conservate i contenuti di questa meditazione fatta di tanti, tanti momenti all’interno dei quali potete e possiamo meditare, riflettere, percepire.
Morite e risorgete ogni momento, fatelo con consapevolezza per poterne, poi, coglierne la gioia, l’armonia ed il nuovo equilibrio.
SHANTI SHANTI SHANTI OHM.

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